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Adalberto Libera appariva come un gentiluomo dell'Ottocento. Agghindato con sobria, inappuntabile eleganza, usciva dal suo palazzo di Villa Lagarina, deliziosa residenza a pochi chilometri da Rovereto, scendeva la collina, attraverso il ponte sull'Adige , imboccava dopo un po' il corso San Rocco , e percorrendolo fino al termine, veniva a trovarsi in piazza Rosmini, dove c'era un caffè famoso. Lì dentro, io lo aspettavo . Entrava con il suo contegno signorile, un sorriso appena, una leggera stretta di mano, e mi si sedeva accanto. Come lo invidiavo. Al suo confronto mi sembrava di essere un villano. Parlava quasi sottovoce e le cose che diceva avevano già un contenuto profetico per quanto riguardava l'architettura. (it) |