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Uno è il momento successivo al mio ferimento, quando scopersi che non respiravo più e conclusi di essere morto. Non sentii paura, e nemmeno coraggio. Non sembrava esserci posto per nessuna delle due emozioni. La frase «Ecco un uomo che muore» mi si presentò alla mente con la stessa aridità, banalità e piattezza di una frase da libro di testo. Non era neppure interessante. Il frutto di questa esperienza fu che quando, anni dopo, lessi la distinzione che Kant fa tra noumeno e fenomeno, per me fu più che un'astrazione. L'avevo provata; avevo sperimentato che c'era un «Io» pienamente conscio i cui rapporti con il «me» dell'introspezione erano vaghi ed effimeri. (it) |