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Se io fossi Saddam Hussein, comincerei col radermi i baffi. Poi andrei nel mio villaggio natale a raccogliermi sulla tomba dei miei avi. Pregherei perché Dio, il mio popolo e i miei figli mi perdonassero. Chiederei perdono alle centinaia di migliaia di famiglie che hanno perso uno o due dei loro cari nelle due guerre inutili che ho provocato, quella stupida e gratuita contro l'Iran e poi quella orribile e assolutamente ingiusta che ho suscitato invadendo il Kuwait. Nutrito fin dall'infanzia di leggende eroiche in cui il sangue era più generoso dell'acqua, ho creduto che il destino avesse scelto me come eroe di questa nazione. Chiederei perdono agli orfani, alle vedove, a quanti sono sopravvissuti con un corpo mutilato, e poi mi rivolgerei ai morti, quelli che ho fatto chiamare "martiri", e direi loro che a mandarli a morire sono stati il mio orgoglio e la mia smisurata ambizione. Mi metterei in ginocchio, sì, io, Saddam, colui che ha creduto di far piegare la maggiore potenza del mondo, e implorerei il loro perdono per aver sbagliato. Poi mi rivolgerei al mio popolo, che vive in condizioni difficili a causa dell'embargo, e dividerei con esso i miei beni materiali e le mie speranze perché l'Iraq torni un paese vivo, florido, libero e fiero. (it) |