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Marco Aurelio: C'è stato un sogno una volta che era Roma. Lo si poteva soltanto sussurrare... ogni cosa più forte di un sospiro l'avrebbe fatto svanire. Era così fragile. Io temo che non sopravviverà all'inverno. Massimo, sussurriamolo così, adesso, insieme, tu e io. Tu hai un figlio. Parlami della tua casa.
Massimo: La mia casa è sulle colline di Trujillo. Un posto molto semplice. Pietre rosa che si scaldano al sole, e un orto che profuma di erbe di giorno e di gelsomino la notte. Oltre il cancello c'è un gigantesco pioppo, fichi, meli, peri. Il terreno, Marco, è nero, nero come i capelli di mia moglie, vigne sui declivi a sud, olivi su quelli a nord, cavallini giocano con mio figlio che vuole essere uno di loro.
Marco Aurelio: Da quanto manchi dalla tua casa?
Massimo: 2 anni, 264 giorni e questa mattina.
Marco Aurelio: Come ti invidio, Massimo. È una bella casa. Vale la pena combattere per essa. C'è un ultimo dovere che ti chiedo di compiere prima di tornare alla tua casa.
Massimo: Che cosa vuoi che faccia, Cesare?
Marco Aurelio: Voglio che tu divenga il protettore di Roma, dopo la mia morte. Te ne darò l'autorità... per un unico scopo: restituire il potere al popolo di Roma e porre fine alla corruzione che la rende abbietta. Accetterai questo grande onore che ti sto offrendo?
Massimo: Con tutto il cuore, no.
Marco Aurelio: Massimo, è per questo che devi essere tu!
Massimo: Sicuramente un prefetto, un senatore, qualcuno che conosca la città, che capisca la sua politica...
Marco Aurelio: Ma tu non sei stato corrotto dalla sua politica!
Massimo: E Commodo?
Marco Aurelio: Commodo è un uomo senza moralità! Questo lo sai sin da quando eri ragazzo... Commodo non può governare, non deve assolutamente governare. Tu sei il figlio che avrei dovuto avere. (it) |