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Per Melville, come per Conrad, c'è un'instabilità nell'apparente uniformità del bianco. Dietro alla virtù cova il terrore; al di sotto della purità, annientamento o morte. Non morte nel senso di una vita finita, ma uno sguardo di morte nella vita: l'annientamento di ogni cara credenza e sistema, di ogni speranza e desiderio, di ogni punto di orientamento noto, di ogni illusione... Per entrambi gli scrittori, uno degli esempi più terribili della bianchezza è una immobile, silenziosa «nebbia lattiginosa», che è «più accecante della notte». E ad entrambi, di fronte a simile bianchezza, il colore appare insopportabilmente, quasi ingiuriosamente superficiale. (it) |